martedì 14 gennaio 2014

La sconfinata terra dei Gauchos

La Pampa argentina


"...Avevo il tempo di pensare al tempo, a come per istinto trovo sempre il passato più affascinante del futuro, a come il presente spesso mi annoia e debbo immaginarlo nel modo in cui ne ricorderò per poterne godere sul momento..." TT

E’ il 22 luglio. L’arrivo all’aeroporto di Buenos Aires è l’immagine di un brutto risveglio dopo una notte travagliata. Le poche ore di sonno rannicchiato su un sedile, mi fiaccano il cervello. La calca agli arrivi internazionali è soffocante, qualche minuto per cambiare i primi pesos poi di corsa a ritirare la macchina. Un Citroen Berlingo che d’inverni ne ha già visti più d’uno, ma il contachilometri, probabilmente ritoccato, li nasconde molto bene.
Primo trasferimento verso Cordoba, verso nord-ovest. Come ci appare subito chiaro, la strada sarà un compagno di viaggio instancabile qui in Argentina. 9 ore di rettilineo e qualche semicurva, spezzato ogni centinaio di chilometri da una rotatoria immersa nella pianura della Pampa. E "pianura", dopo questo viaggio, assumerà tutto un altro significato. Una pianura sconfinata, sembra quasi di vedere la terra piegarsi di fronte e di lato. Arriviamo in serata e l’alloggio piacevole ci fa scordare la fatica di quasi 2 giorni di viaggio ininterrotto. Poi a cena, iniziamo nel modo peggiore in un “all you can eat” dove chi, come me, non riesce a gestire i languori dettati da file interminabili di vassoi, si arena dopo un quarto d’ora di scorpacciata.
E’ mattina (23 luglio), colazione in un bar retrò convenzionato con l’hotel e via alla scoperta della città. Bisogna dimenticarsi di venire dalla vecchia Europa; la città non è preparata per orde di turisti come qualunque capitale europea o qualunque città degna di nota. Cordoba, al contrario, appare come una città moderna, vissuta e molto viva sin dalle prime ore della mattina. Si alternano grandi palazzi ad edifici e piazze più “caratteristiche” del Sud America.



Con nostro grande rammarico apprendiamo dall’ ufficio informazioni che sabato e domenica gli argentini fanno festa, ci sembra di capire dal tono o dalla poca voglia delle commesse che sia un usanza tutt’altro che sporadica in Sud America; quindi musei chiusi, tutto rimandato a lunedì.

Comunque l’inverno caldo argentino ci guida senza sosta per tutta la mattinata fino a scoprire la perla di Cordoba, il quartiere gesuita con la prima, la più antica, università argentina. La visita guidata ci mostra il patio e le aule dove tutt’ora si tengono le lezioni ed un museo tra cui spicca il registro delle punizioni agli studenti.



All’uscita l’aria  si è fatta ancora più calda; sembra l’ora giusta di concedersi uno spuntino e di rinfrescarsi un po’, saranno oltre 20 gradi (ma non doveva essere inverno?) e ci fermiamo per un aperitivo a base di “Empanadas” e “Quilmes”, la birra più rinomata in Argentina.


Ottime le “Empanadas” del Rincon, tanto che raddoppiamo la dose sia di cibo che di bevande e un’ idea comincia a circolare nel gruppo, perché non partire nel pomeriggio alla ricerca di qualche estancia gesuita? In fondo, abbiamo appreso, è il motivo per cui Cordoba è patrimonio UNESCO. Bene, altre due “Empanadas” e ci mettiamo in viaggio.

Sebbene i chilometri non siano molti (70?) gli ultimi 15 sono su uno sterrato degno di un rally, ma tutto sembra aggiungere fascino ad una ruta per sierras (finalmente un paesaggio collinare) osannata dalle guide che abbiamo con noi. In realtà il bel paesaggio intorno Cordoba “punteggiato di paesi caratteristici” è diventato un rifugio turistico con belle villette e strade pulite (incredibile aspetto, questo delle strade pulite, pari solo al ricchissimo New England statunitense).

  
Pittoresca la Estancia de Santa Catalina che però, essendo sabato, ci viene fatta visitare solo a metà. Un Cristo seduto con le ginocchia artritiche ci viene presentato come il vero “protagonista”. Un Cristo seduto non rappresentato in nessuna chiesa italiana (giura la guida intraprendente), tanto meno con le ginocchia artritiche dovute al lavoro nei campi. Non dimentichiamo che le estancias gesuite erano fondate sul lavoro degli schiavi, piegati tutto il giorno nei campi. Da qui le ginocchia.
Saranno le 17, fa caldo per essere inverno (saremo ancora intorno ai 20 gradi) per cui una merenda è d’obbligo. Il ‘ristorantino’ fuori la estancia non ha niente a che vedere con il rinomato ristorante a 5 stelle indicato nelle guide (ma chiuso per bassa stagione), d'altronde non era quello che cercavamo. Il formaggio fresco ed il salamino non ancora stagionato accompagnano degnamente la solita birra (vero leitmotiv della vacanza), il locale ci affascina con i sui scaffali ‘precari’ e un cliente abituale che intrattiene ‘los italianos’ con lunghi discorsi sui calciatori argentini che hanno fatto carriera nel Bel Paese.



Tornati in città dedichiamo ancora qualche ora alla visita di Cordoba e devo dire che l’atmosfera che si respira tra centinaia di bancarelle improvvisate e la gente che a tutte le ore del giorno riempie le strade ci lasciano un ricordo molto gradevole della città.



"Muovendomi ... in treno, in nave, in macchina, a volte anche a piedi, il ritmo delle mie giornate è completamente cambiato, le distanze hanno ripreso il loro valore e ho ritrovato nel viaggiare il vecchio gusto di scoperta e di avventura" TT


Il giorno seguente (24 luglio) abbiamo in programma la visita al Parque Nacional Quebrada del Condorito, riserva naturale protetta come habitat ideale per i condor. La strada per arrivare al parco è una panoramica spazzata da un vento costante, risalire le sierras è veramente affascinante, un alternarsi di saliscendi tra valli silenziose e piccoli paesi caratteristici. Completano lo scenario i colori delle rocce, le pareti ripide e le gole tagliate da una strada larga almeno 10 metri.

Arriviamo al parco in tarda mattinata e al centro informativo ci danno le indicazioni necessarie. 
Il parco si snoda su un percorso tabellato, ciò che ci colpisce ancora una volta è il grande rispetto per la natura, fantastica prerogativa tutta argentina.

Il percorso passa sulla  cresta di basse colline rocciose dove un vento costante, per nulla freddo, la fa da padrone. I 12 chilometri di sentiero (tra andare e venire) li copriamo in un tempo sorprendente (appena 3 ore), ma il vento limita lo spettacolo dei condor in volo; ci deliziano solo con qualche sporadica apparizione appena fuori le insenature che usano come riparo.


Dopo il pranzo ci dirigiamo al paese di Alta Gracia dove da qualche anno è stata inaugurata la casa museo del Comandante Ernesto “Che” Guevara. Si tratta della casa che abitò per una decina d'anni in questo paese deserto ed è proprio questo a rendere affascinante il museo, un paese quasi spettrale fatto di case di legno con giardino e pochissima gente per le strade sebbene siano appena le 18. Appare tutto surreale, ovattato (o sarà la mia suggestione?!).
Tutto cambia quando si arriva di fronte a questa casa, la risonanza che ha nella nazione (e in tutto il mondo) la potete vedere avvicinandovi all'edificio. Almeno una ventina di macchine parcheggiate alla meglio sui marciapiedi o sulla carreggiata lasciando a malapena lo spazio per passare.

Il museo è una raccolta di alcune foto di famiglia con diversi aneddoti sull'infanzia del personaggio. 
La famosa Poderosa, la moto con cui il giovane Guevara fece un viaggio di 6 mesi nella “Maiuscola Argentina” in compagnia dell'inseparabile amico Alberto Granado e che cambiò per sempre la sua vita (Dagli appunti di questo viaggio è stato tratto il film “I diari della motocicletta” (2004) e un documentario di Gianni Minà insieme a Granado che ripercorrono lo stesso tragitto a 50 anni di distanza).
La successione di foto e cimeli arriva fino alle ultime fasi della vita del “Che”, passando per la rivoluzione cubana ed i vari incarichi da ministro.
Come gesto di commiato al grande personaggio argentino, ci siamo concessi la solita Quilmes nel giardino sul retro della casa.


E' già lunedì mattina (25 luglio) ed abbiamo in programma la partenza da Cordoba in direzione Mendoza (dove non siamo mai arrivati), ma vogliamo prima vedere il museo alla memoria dei desaparecidos a Cordoba. 
Dopo il week end di chiusura spero che sia aperto, ma arrivati davanti alla porta ci comunicano che il museo aprirà solo giovedì mattina per chiudere venerdì sera.
I pannelli in plexiglas attaccati sui muri all' esterno del museo sono comunque agghiaccianti, lunghe e sinuose file di nomi di ribelli, contestatori del regime, cospiratori, liberi pensatori o presunti tali, scomparsi nel nulla ad opera del regime militare al governo del paese fino al 1983. Lunghe e sinuose file di nomi che disegnano enormi impronte digitali. Come chi ha comunque lasciato un segno; come chi, nella storia oscura dell' Argentina moderna, ha comunque lasciato un segno.


E via sulla strada. La rotta verso Mendoza è, al solito, interminabile. A ravvivare il viaggio una perturbazione proveniente dalle Ande, violenta e umida, ma tutt'altro che fredda. Nuvole di polvere si sono alzate ad oscurare il cielo e nascondere la terra, buio per qualche chilometro e rapidi scrosci d'acqua, nulla di serio.
Siamo ormai prossimi all'ora di pranzo, abbiamo fatto si e no 300km ma una pausa è d'obbligo per ribadire il concetto che SIAMO IN VACANZA. Pranzo a Rio Quarto e partenza per San Luis, la città più vicina alla nostra prossima meta, il Parque Nacional Sierra de las Quijadas.
Passiamo la notte in questa piccola città che, per quanto siamo stati, ci ha mostrato ben poco. 




La mattina seguente, molto presto, siamo partiti per il parco dove una deliziosa guardia-parco ci ha illustrato cosa vedere augurandoci una buona giornata (“Disfruten, el dia està hermoso!”).
Il parco è una groviglio di canyon scavati dall'acqua su una roccia friabile e di colore rosso intenso. Le guide che ho letto ti fanno immaginare il parco come lo scenario del cartoon famoso negli anni '80 “Wile E. Coyote e Road Runner”.
La passeggiata breve (circa 45') è incantevole, un balcone naturale si apre sopra una vallata silenziosa e lontanissima dall'umanità. Ancora una volta siamo sorpresi dal rispetto che gli argentini hanno per l'ambiente e la natura; mi vien da dire che “i parchi gli vengono proprio bene”.

Rientrati a San Luis, pranziamo in un ristorante pieno di camionisti, indice mondiale di buona cucina; ci interessa in particolare l'ASADO, uno dei simboli distintivi degli argentini nel mondo. 
N.B.: questo è il fenomenale asado del 'Tincho'!
L'asado non è solo carne alla brace, è uno stile di vita, una tradizione tramandata di padre in figlio proprio come i racconti di gauchos. 
Per asado gli argentini intendono qualunque tipo di carne (vacca o vitello che sia), cotto su una griglia a debita distanza da pochi carboni infuocati. Il tempo che impiega la carne a cuocere raggiunge le 3 ore ma la paziente attesa è ricompensata da una cottura uniforme e da una carne squisita. Non potrebbe essere altrimenti visti gli immensi pascoli che compongono La Pampa.


Affaticati più dal pranzo che dalla camminata, riprendiamo lentamente la strada per Santa Rosa, vero fulcro di tutta la vacanza. Lì abbiamo l'unico appuntamento inderogabile, un matrimonio argentino.

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